L’interpretazione dei risultati dei test si presta ad un
numero molto alto di considerazioni, al punto che la stessa scelta del tipo di
test e del protocollo da utilizzare dipende da quale delle caratteristiche intende
maggiormente approfondire il preparatore.
Maggiori sono i parametri indagati e più alto è il numero di
dati che il preparatore ha a disposizione per caratterizzare l’atleta
definendone punti di forza ed eventuali carenze, come al solito, legate al
modello di prestazione.
A titolo esemplificativo risulta molto intuitivo il fatto
che un semplice test incrementale che mette in relazione l’intensità
dell’esercizio e la frequenza cardiaca fornisce indicazioni molto più limitate
di un test eseguito con lo stesso protocollo ma con monitoraggio contemporaneo
anche di altri parametri quali il lattato ematico e gli indici respiratori.
Il test che ultimamente utilizziamo maggiormente è il
monitoraggio della cinetica del lattato a carichi crescenti. La scelta di
utilizzare questo genere di test deriva dal fatto che, a nostro avviso, i dati
ricavati ci consentono di decidere che genere di periodizzazione adottare in
rapporto agli obiettivi dell’atleta.
Senza addentrarci in considerazioni troppo approfondite, lo studio
del rapporto tra l’intensità dell’esercizio, la frequenza cardiaca ed il
lattato ematico ci consente di definire quali sono le priorità da migliorare in
quel determinato atleta e di verificarne gli avvenuti adattamenti.
Un esempio pratico può spiegare meglio la questione…
Un atleta ci chiede un piano di allenamento in preparazione
di un evento di lunga durata (5-6h) in uno sport che può essere il trail
running, il triathlon, una marathon in mtb ecc…
Il modello di prestazione ci dice che in eventi come questi
è fondamentale l’efficienza del meccanismo aerobico di resintesi dell’atp ed in
particolare è importante la capacità di utilizzare i grassi a scopo energetico,
risparmiando il più possibile le scorte di carboidrati (capienza del serbatoio
di grassi praticamente illimitata e disponibilità di carboidrati
quantitativamente molto più limitata).
L’efficacia del meccanismo aerobico si valuta in base a
quanto la velocità massima di sfruttamento del meccanismo lipidico (attorno
alle 2 mmol/l di lattato) è vicina alla velocità alla quale il lattato prodotto
dall’organismo è maggiore della contemporanea capacità di smaltimento dello
stesso (soglia anaerobica, attorno alle 4 mmol/l).
Se ci troviamo di fronte ad un atleta che già ad alcuni mesi
dalla competizione presenta una buona condizione del meccanismo aerobico
(velocità alle 2 mmol/l molto vicina alla velocità alle 4 mmol/l) risulta
conveniente la scelta di una periodizzazione che in fase iniziale preveda
l’utilizzo di velocità molto superiori a quelle di gara e anche a quella di
soglia anaerobica. Ciò consentirà di aumentare la cilindrata del motore
aerobico riservando la seconda parte della preparazione alla costruzione del
‘’passo gara’’, al miglioramento dell’efficienza del gesto tecnico e
dell’economicità dello stesso. Viceversa, nel caso di un evidente deficit dal
punto di vista aerobico, risulta chiara la necessità di utilizzare fin da
subito velocità molto inferiori con volumi di allenamento elevati, magari
abbinate a strategie alimentari adatte a stimolare l’aspetto che risulta
carente.
Nel prossimo articolo riporteremo alcuni esempi di sedute di
allenamento mirate al raggiungimento degli adattamenti sopra evidenziati.
A presto